All’inizio sono solo gambe. Si intuisce che si stanno rincorrendo, ridono, scherzano, flirtano. Gambe nude e sensuali. Poi tutto il corpo. Sei corpi, tre uomini e tre donne. Si accavallano, si incrociano, si intersecano, alla ricerca di un equilibrio, di una posizione, di un piacere o di un dolore altrettanto intenso. “Holdin’ fast”, della compagnia ceca DOT504 – diretta dalla coreografa e danzatrice Lenka Ottová, affiancata in questo lavoro da Jozef Frucek e Linda Kapetanea – è un lavoro che indaga la sessualità in ogni sua declinazione. Dalla tenerezza dell’abbraccio all’ossessione per il rapporto fisico, dal bacio innocente alla carnalità incontrollabile. Le tre coppie di danzatori esplorano le possibilità delle relazioni, le sfumature che ne fanno parte, la passione, sfruttando i pesi e le leve dei loro corpi, il contatto e l’energia che da questo scaturisce. Ci sono momenti di estrema dolcezza, in cui i corpi si sfiorano, si accarezzano, si indagano; e momenti violenti, in cui il corpo stesso diventa oggetto di vivisezione, gioco, lotta. Il punto centrale è la “funzione primitiva”, analizzata con rigore matematico: uomini e donne si guardano, si annusano, si attraggono o si repellono, si toccano, si eccitano. Smania e desiderio diventano centrali: una donna viene lanciata da un uomo all’altro; un’altra viene sbatacchiata senza posa fino allo sfinimento; singoli gesti determinano attrazioni inevitabili o repulsioni martellanti. Accompagnati dalla musica di Ivan Acher, ripetitiva e ansiogena, assistiamo al denudamento delle pulsioni basilari della natura umana che possono diventare energia propulsiva così come feroce inerzia. Il gruppo si muove, ondeggia in assoluta armonia, coralmente: si perde in continuazione il punto della situazione per poi ritrovarsi davanti agli occhi qualcosa di sconvolgente, come – alla fine – l’istinto più basso e carnale, quello di sopravvivenza (o di possesso), che porta gli esseri umani a sventrarsi a vicenda, ad aprirsi nella penetrazione ultima, quella che lascia aperto il ventre, con fuori le viscere che diventano ultimo macabro oggetto di desiderio. Un pezzo intenso, per quanto non sempre comprensibile, che fa riflettere su come si può vivere il proprio corpo e gli istinti che esso porta. Una visione che mostra senza pietà anche ciò che ci infastidisce o di cui ridiamo, per non averne troppa paura.